Statistica o Econometria?

Nella pratica economica contemporanea si parla molto raramente di statistica e il suo ruolo viene ricoperto dall’econometria.

In entrambi i casi il tentativo è di generalizzare dai dati validando un modello teorico e/o stimando dei parametri di esso.

La statistica ha molti strumenti diversi (modelli parametrici e non parametrici, bayesiani e non bayesiani, processi stocastici e stime puntuali, regressioni e test di verifica di ipotesi) per cui è sempre necessario riconoscere quale sia lo specifico strumento più adatto a rispondere a una specifica domanda di ricerca.

L’econometria invece parte dalle regressioni lineari e su di queste costruisce correzioni e migliorie per adattarle a problemi diversi, trascurando gran parte degli altri metodi statistici. Perché?

I modelli microeconomici neoclassici fanno ampio uso di funzioni lineari (o linearizzabili tipo la funzione di Cobb-Douglas il cui logaritmo è lineare) e di ottimi vincolati, quei valori per cui la derivata prima (il valore marginale in gergo tecnico) è uguale per due funzioni.

In questo contesto è evidente che una regressione lineare è efficace sia nel validare il modello teorico (lineare) che nell’evidenziare il comportamento marginale (i coefficienti della regressione stimano la derivata nel modello). Da qui la ricerca teorica ha cercato di migliorare i metodi, soprattutto per poter ottenere risultati robusti da dataset piccoli o poco bilanciati.

Ma nel momento in cui facciamo un passo indietro e cerchiamo di introdurre modelli non-lineari nell’economia e di superare la visione marginalista di un’economia all’equilibrio, qual è il valore aggiunto di studiare econometria invece che farsi forza di una conoscenza più variegata e sfaccettata della statistica? Solo pubblicare nei journal che contano?