Nel processo di verifica di una teoria ha un ruolo determinate l’esperimento, cioè l’osservazione ripetuta di un aspetto del reale in condizioni note e, possibilmente, replicabili.
Ci si può quindi chiedere come si indaga il non reale, il possibile? O anche come si indaga ciò che non si riesce a esperire perché raro o insolito?
La fisica o la chimica hanno costruito imponenti apparati strumentali per catturare fenomeni rari, sfuggevoli o per spingere il reale ai suoi limiti.
Quando però si parla di società questo non si può fare: non è considerato eticamente accettabile (e sono d’accordo con ciò) sottoporre persone a esperimenti sociali (e quindi economici) dagli esiti incerti.
Ci si trova quindi davanti al problema che se vogliamo studiare in modo empirico la società possiamo studiare solo questa società, le sue norme sociali e i suoi rapporti di forza.
Di per sé può non sembrare un problema, è il mondo in cui viviamo che ci interessa, ma questo mondo è frutto di norme sociali e non leggi di natura. Ed è legittimo, se non doveroso, metterle in discussione.
Arrivando al punto: se questo capitalismo non sta funzionando (per lo meno in Italia) come studiamo delle alternative? Possiamo certo studiare questa realtà per capirne fino in fondo debolezze e contraddizioni, ma dopo?
Dopo dobbiamo cominciare a immaginare, con gli strumenti del racconto forse (tanti spunti ancora oggi arrivano dal fantastico e fantascientifico), e provare a capire cosa dell’immaginato può diventare reale.
Un professore mi suggerì anni fa (con parole mie perché la mia memoria è quel che è) che si fanno modelli ad agenti perché se non riusciamo a descrivere un aspetto di una società complessa in una simulazione dove abbiamo tutto sotto controllo difficilmente riusciremo a farlo nella realtà. Possiamo dire che una policy che non riusciamo a fare funzionare in silico difficilmente funzionerà in vivo.
D’altra parte, sin dagli albori dei modelli ad agenti si ricorre il tema di simulare delle società (come Sugarscape).
Mi viene infine da chiedermi se, quindi, non potrebbe essere un serio e necessario programma di ricerca immaginare altri reali e simularli, cercandone punti di debolezza e contraddizioni, dimenticandosi della necessità di confrontarsi con questo reale.
(Oggi forse più del racconto il ruolo di immaginare altri reali lo hanno i videogiochi, in particolari imponenti gestionali, Paradox su tutti, che devono costruire un modello di economia e società per riuscire nel loro racconto e lo fanno in maniera molto simile ai modelli ad agenti. Potremmo essere di fronte a un nuovo strumento di ricerca collettiva? Si apre la possibilità di esplorare numerosi scenari e trovare le debolezze dei reali immaginati grazie a un numero di giocatori potenzialmente maggiore del numero di ricercatori che potranno mai partecipare a un progetto. In qualche modo un accidentale precedente è EVE online e i suoi report sull’economia sintetica del gioco.)