Gatti

Guardava dal balconcino della cucina quel pezzo di città che si preparava al riposo.
Le tapparelle che si abbassavano, i gatti imperterriti sui tetti, ignari che il tempo civile e i padroni prescrivevano il loro rientro, luci che si spegnevano, televisori che pian piano terminavano il loro canone tornando al silenzio.
Sopra di lui il cielo stellato, a bassa definizione in città, con sole poche stelle e pianeti che più che figure sembravano lucciole in un ricordo d’infanzia.
Dentro di lui metà della bottiglia di birra appoggiata sul tavolino affianco al libro che provava a leggere.
Lavorare con orari sfasati rispetto al mondo gli regalava queste istantanee uniche della città, un punto di vista segreto eppure in piena vista, diventava custode di una verità evidentemente invisibile.
Leggeva poco in quei momenti, ma la città gli forniva tutte le storie di cui aveva bisogno: ogni dettaglio diventava un incipit, ogni figura in controluce alla finestra un personaggio, ogni angolo in quello scorcio di città un palcoscenico

Oltre la ringhiera calava il sonno.
Palpebre calavano sulle finestre delle case, gatti senza orologio al polso ignoravano il momento e i doveri, il canone del coro di televisori dissolveva al nero.
Il cielo stellato ripreso in Super8 sembrava le lucciole impresse su una pellicola vecchia quanto lui.
La legge morale aveva ceduto il posto a mezza bottiglia di birra, i buoni propositi riassunti in un libro che non leggeva mai.
I tempi dispari conservano punti di vista eccezionali, mostrano il vero invisibile a ciò che non sia evidente.
Nei libri non trovava raccontati i dettagli che aveva davanti, le figure in controluce incorniciate dalle finestre, agitarsi sui palchi negli angoli della città.

Pioveva sabbia.
Le case chiudevano gli occhi, i gatti facevano voto di povertà e anarchia, ogni canale su un diverso registro spariva con un taglio affatto netto.
Proiettavano le lucciole riprese in Super8 quando era bambino.
Un timido edonismo assunto a morale, di cui non si poteva conoscere lo scopo.
La verità rimaneva in bella vista fuori dal mazzo, spaiata come il battito in più che ignori nelle attese quadrate.
Negli angoli della città spettacoli di ombre animavano realtà mai raccontate prima.

Pioveva sabbia.
Gatti rivoluzionari strappavano pagine dal catasto agricolo, col tacito benestare della nobiltà.
Erano invecchiate male le inchieste voyeuristiche della controcultura.
Il piacere, diventato mezzo, smetteva di essere tale senza capire perché.
Al mazzo di tarocchi mancava una carta, aspettava che il cartomante smettesse di tamburellare sul mazzo e disponesse le carte in croce, per una verità di certo falsata.
Gli ultimi della città apparivano brevemente illuminati dai fari delle auto di passaggio, e subito scomparivano, dimenticati.

Pioveva sabbia.
Gatti rivoluzionari strappavano pagine per conto del potere.
Era tempo di seppellire i padri.
Disimpararono l’orgasmo, accontentandosi di un’ombra di vita.
Il matto aspettava il racconto del proprio destino, per sconfessarlo di nuovo.
Nessuno vede la periferia quando i lampioni sono spenti.

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